E perché il problema è più complesso di quello che sembra.
Questo articolo vuole essere una risposta alle parole de la Repubblica che, in questo articolo, ci ha menzionati come una delle cause dello spopolamento dei rioni e definendoci, erroneamente, come proprietari degli immobili anziché gestori.
La pubblicità, bella o brutta che sia, resta sempre pubblicità.
Tuttavia, la professionalità e la competenza di un giornalista dovrebbero comprendere un’attenta conoscenza dell’argomento di cui scrive: aspetto che purtroppo, quando si parla di affitti brevi, spesso tende a mancare.
Ritroviamo infatti nell’articolo pubblicato su la Repubblica una serie di inesattezze e di approssimazioni che rendono il contesto del tutto fuorviante.
Affitto breve vs. possesso dell’immobile
Di fatto, nell’articolo in questione si confonde la gestione di un appartamento turistico con il possesso dello stesso: gestire un appartamento per gli affitti brevi non significa infatti esserne proprietario.
E, per la persona che ha ereditato un immobile, affidarlo ad una società di property management costituisce una strategia per massimizzare la sua rendita affidandosi a dei professionisti del settore.
La necessità di regolamentazione
Ed il fatto che possa essere necessaria una più definita regolamentazione di questa tipologia di mercato (troviamo giusto lo smantellamento delle key box) e che si possano anche valutare delle limitazioni (un mercato aperto ad oltranza non gioverebbe a nessuno), non ha nulla a che vedere con la crisi abitativa in corso nella capitale: associare queste due questioni è frutto di un’analisi superficiale dovuta ad una scarsa conoscenza degli argomenti.
Questo per le seguenti ragioni:
- Il fenomeno degli affitti brevi si concentra per lo più in aree ad alto impatto turistico e a bassa fruibilità abitativo/residenziale;
- Nel 2024, secondo i dati confermati dall’Osservatorio Romano, Caritas Roma, Investireoggi.it, il Comune di Roma presentava oltre 200.000 alloggi vuoti. Gli alloggi registrati nel Comune di Roma per gli affitti brevi sono 35.000;
- Uno dei principali fattori che influenza la scelta di un proprietario sulle modalità di affitto del suo appartamento è innanzitutto collegato alle garanzie di rientrare in possesso dell’immobile in tempi brevi e certi in caso di insolvenza da parte del suo inquilino: nel Comune di Roma la durata media di una procedura di sfratto supera i 2 anni; l’aspetto economico gioca quasi sempre un ruolo secondario.
Sono questi fattori che hanno spinto negli anni molti cittadini romani che “hanno ereditato casa da nonna” a preferire il mercato degli affitti brevi, spesso affidandosi ad una società di properties management, invece che tentare la roulette russa dell’affitto residenziale, o ancora lasciar l’immobile vuoto.
Se il Comune di Roma volesse davvero arginare il problema della crisi abitativa dovrebbe quindi, in primis, cercare di snellire le procedure di sfratto rendendo le tempistiche molto più brevi e certe. Ed in secundis agevolare fiscalmente le locazioni abitative per invogliare il proprietario a “rischiare” un affitto di lungo termine.
Conclusione
Regolarizzare e gestire il fenomeno degli affitti brevi in tal modo sarebbe estremamente più semplice, fermo restando che parlare di overturism nella città di Roma è semplicemente inappropriato, considerando che capitali come Londra e Parigi presentano dei flussi turistici annuali ben più importanti di Roma.
Flussi che sono gestiti in modo migliore per il semplice fatto che queste capitali europee offrono servizi migliori ai propri cittadini e, di conseguenza, ai turisti.
Infine puntando il dito nella direzione degli affitti brevi, si finisce per ignorare l’imponente flusso di denaro che entra nelle casse del Comune grazie a questi e dunque al grande lavoro di ogni property manager.